La riforma della sanità lombarda è stata approvata in Consiglio regionale dopo un lungo confronto. Il Pd ha ottenuto ben sette delle dieci richieste di modifica avanzate alla vigilia dell’inizio della discussione in Aula. Il duro ostruzionismo delle opposizioni, che hanno presentato 25mila ordini del giorno e quasi 3mila emendamenti, ha portato il presidente Maroni ad accettare di intavolare una trattativa che ha portato numerosi risultati.
“Siamo soddisfatti a metà”, dicono Carlo Borghetti e Fabrizio Santantonio, rispettivamente consigliere regionale del Pd e segretario provinciale del Pd di Lodi, che sul tema avevano seguito, insieme ai rappresentanti degli enti locali, l’iniziativa legislativa.
“Il valore di questa riforma, per noi lodigiani e per i sindaci del territorio, è più che l’autonomia, mai messa in discussione, il fatto di non avere un Ats con la provincia di Pavia – spiega Santantonio –. Anzi, la novità è l’ingresso dentro l’Agenzia territoriale della salute di Milano che ci mette dentro la più ricca Ats della Lombardia e, dal punto di vista sanitario, ci inserisce in un contesto verso il quale stiamo guardando, cioè la città metropolitana, avviando una discussione politica che ci interessa molto”.
Ecco, dunque, i punti chiesti dal Pd che sono stati recepiti:
1. I superticket su visite ed esami saranno modulati per reddito e saranno esenti i cittadini con reddito familiare fino a 30mila euro.
2. I manager sanitari non saranno più scelti liberamente dalla Giunta ma verranno individuati all’interno di una short list (ampia da due a tre volte il numero delle figure da nominare) selezionata da una commissione indipendente secondo criteri di merito. Gli stessi manager saranno poi valutati attraverso indicatori di risultato che riguardano l'efficienza, la qualità dei servizi, la riduzione delle liste d'attesa e gli esiti sulla salute dei cittadini e non più esclusivamente il rispetto dei budget.
3. L'Agenzia di Controllo potrà verificare che l’appropriatezza delle cure effettuate. Sarà nominata dai gruppi di minoranza.
4. I Drg per le prestazioni più complesse saranno graduati secondo standard di qualità delle cure: le strutture saranno premiate o penalizzate in base all’adesione o meno a criteri che misurano le performance, i tempi di attesa e la qualità, premiando le migliori prassi e penalizzando le peggiori.
5. Le funzioni non tariffate (un miliardo di euro l'anno erogato secondo criteri discrezionali), alla base di molti scandali, saranno ridotte drasticamente, limitate ai pochi casi in cui la tariffazione è davvero impossibile.
6. Sarà incentivata la possibilità di prenotare visite ed esami, pagare il relativo ticket e ottenere i referti on-line, oppure direttamente in farmacia.
7. Sono stati reintrodotti i distretti sociosanitari, attraverso i quali i sindaci e le conferenze dei sindaci parteciperanno alla programmazione dei servizi sociosanitari del loro territorio. Tuttavia questi afferiranno alle Ats e non alle Asst, come avrebbe voluto il Pd.
Inoltre, ricordano Borghetti e Santantonio, “sempre al tavolo tra i relatori e le opposizioni, sono stati inseriti in legge il Piano regionale della prevenzione, che la prima formulazione cancellava, e l’Osservatorio epidemiologico. Sono invece state respinte le proposte di cancellare le Ats in un’ottica di semplificazione e di istituire i Piani sociosanitari territoriali”.
In definitiva, per i due esponenti del Pd “questa riforma è una grande incompiuta, che non asseconda l’ambizione, da cui era partita, di affrontare i mutamenti nella società. È una legge dimezzata perché affronta solo la governance, timida perché non porta a termine l’integrazione tra servizi sanitari e sociosanitari mantenendo la duplicazione tra Ats e Asst che impallerà il sistema, e, infine, senza copertura finanziaria, soprattutto sulle parti più innovative. Riconosciamo passi avanti – continuano -, a cui abbiamo contribuito nell’ottica della riduzione del danno, come la riforma dei ticket, che saranno finalmente più equi, l’agenzia di controllo che sarà indipendente e più efficace, le nomine che saranno sottratte alla lottizzazione, e l’eliminazione della legge Daccò”.
Infine una stoccata alla Giunta guidata da Roberto Maroni: “Ma come? Il giorno dopo l’approvazione di quella che vendono come una grande riforma, l’assessore alla partita Mantovani viene fatto fuori. Che significato ha questa decisione? Non ci fanno certo una bella figura”, conclude Santantonio.
Milano, 6 agosto 2015
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