Il biglietto da visita dei grandi elettori
La Lombardia ha i tre grandi elettori che la rappresenteranno a Roma per la scelta del nuovo Presidente della Repubblica. Maroni, Cattaneo ed Alfieri avranno il compito di dar voce ai cittadini lombardi in uno dei passaggi più delicati della recente storia politica italiana, un antipasto di quello che potrebbe essere il ruolo dei rappresentanti delle regioni nel nuovo Senato che nascerà dalla riforma della Costituzione.
Se le regioni esercitano fino in fondo il loro ruolo, lo stato non può che trarne vantaggio, ma troppo spesso i parlamentini regionali in questi anni sono andati oltre le proprie competenze, creando una sorta di perenne conflitto istituzionale che ha impegnato la Corte Costituzionale in molte vertenze.
Il bilanciamento tra le diverse istituzioni e i diversi livelli territoriali è uno dei cardini degli ordinamenti democratici moderni; il suo funzionamento non dipende solo da complicate alchimie costituzionali, ma anche, e spesso soprattutto, dall'atteggiamento di chi opera nelle istituzioni.
E' per questo che restiamo sempre più perplessi di fronte alle forzature che la maggioranza lombarda continua a proporre.
Dopo aver dovuto far marcia indietro sulla moneta lombarda e trasformato le velleità macroregionali in più miti consigli di stampo europeo, la Lega si è innamorata dei referendum e ha cominciato a proporne in serie sui temi più vari, dalla legge Merlin alle aperture domenicali dei negozi, dallo statuto speciale per la Lombardia alla legge Fornero. Risultati? Pochi, anzi, al momento nessuno, con la sentenza della Corte Costituzionale a dare l'altolà alla strumentale richiesta di cancellazione della legge Fornero e la mancanza del consenso di altre regioni a bloccare buona parte degli altri possibili quesiti. Vedremo la fine che farà il referendum autonomista che ha però già perso molta della sua vena indipendentista per virare su più miti consigli nell'alveo costituzionale. E non dimentichiamoci che un referendum del genere assomiglia moltissimo a un sondaggio di opinione, molto molto costoso per i cittadini lombardi.
La guerriglia istituzionale non conosce però tregua e si arricchisce di un altro capitolo con il voto in commissione sulla legge per l'apertura di nuovi luoghi di culto. Ben consapevoli del profilo di netta incostituzionalità di norme di carattere formalmente urbanistico ma dall'alto tasso ideologico, i consiglieri della maggioranza hanno votato una norma che mette in discussione il diritto alla libertà di culto. L'impugnazione di fronte alla suprema Corte pare scontata, ma, nel frattempo, il centro destra incassa la possibilità di urlare il proprio miope "no" alle moschee da spendere sul mercato della propaganda e di future campagne elettorali territoriali.
Accanto a queste forzature, abbiamo la colonna sonora ufficiale della Giunta Maroni che mette in ombra anche l'inno firmato Mogol-Lavezzi: il ritornello è ormai noto e parla di impossibilità di fare qualsiasi cosa a causa dei tagli del governo canaglia guidato da Renzi.
E' questo il biglietto da visita con cui i tre grandi elettori lombardi si presentano a Roma: uno sbiadito ricordo di una regione capace in passato di innovazioni e scelte coraggiose e ormai solo in grado di recriminare e abbaiare alla luna di un'autonomia che rischia di essersi ormai giocata sul tavolo verde di un azzardo politico che non conosce ragioni diverse dalla propaganda e dall'ideologia verde padana.
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